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CHIARI (Bs) Museo della città

5-13 OTTOBRE 2019

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IL PERCORSO DI LETTURA

Alla Street Photography, per definizione, non è richiesto di identificare con precisione il luogo da cui vengono estrapolati i frammenti di esistenza che la caratterizzano.

Sembra cioè che le fotografie più efficaci siano proprio quelle riferite ad un "non luogo", sebbene il fotografo all'atto dello scatto si trovi sempre immerso in un ben preciso "qui" ed "ora".

 

La selezione dei lavori che proponiamo in questa terza edizione di Observa ha invece voluto privilegiare quei progetti realizzati con una scelta ben precisa del tema, ma soprattutto del luogo, pur senza rinunciare alle caratteristiche specifiche di questo genere fotografico.

 

Il risultato è un percorso di lettura che si snoda lungo gli ambiti di ricerca di questi giovani autori che, con uno stile moderno e audace, partono da un contesto ampio e generico come il quartiere di una città, per arrivare ad ambiti sempre più specifici e ristretti come una nave da crociera o un imbarcadero.

 

Gli autori, tra cui anche un’autrice multimedia visual storyteller, presentano progetti molto diversi e accattivanti e a nostro avviso si possono considerare tra i migliori street photographer del panorama nazionale. 

 

 

Lo staff di Observa

GRUPPO OLS - NO FACE

00. Locandina OLS Street.jpg

Massimo Alfano

Marco Conforti

Mauro Dancelli

Tatiana Galeru

GLI AUTORI

Lidia Mingotti

Roberto Serra

Fernando Tononi

GLI AUTORI

Nico Ferrara - London C41

BIOGRAFIA

 

Nicola Ferrara (1983) - sono un ingegnere e fotografo, attualmente vivo a Parma. 

 

Inizio ad appassionarmi alla fotografia nel 2011 dopo aver frequentato dei corsi presso la scuola fotografica del politecnico di Bari, proseguendo poi da autodidatta. Successivamente al mio trasferimento a Londra inizio ad interessarmi alla fotografia spontanea. In particolare la mia attenzione si concentra  sulle relazioni tra le persone ed i contesti che li circondano, cercando di mostrare improbabili connessioni e sollevare domande nell’osservatore.

Nelle mie fotografie alterno toni ruvidi a toni più delicati ma decisi. 

Nel 2016 ho co-fondato il collettivo internazionale Superluna.

 

 

LONDON C41

 

“C41 è un processo di sviluppo cromogeno introdotto da Kodak nel 1972”. 

Nel 2014, due anni dopo essermi trasferito a Londra, spinto dalla curiosità, ho iniziato a fotografare con una vecchia fotocamera analogica. Con il passare del tempo ho iniziato a notare collegamenti e legami viscerali tra le varie fotografie, motivo per cui ho deciso di dedicarmi ad un progetto su Londra. Per circa 4 anni ho girato principalmente per le strade affollate di Oxford Street, Soho e Trafalgar Square, imbattendomi in diversi eventi, dimostrazioni e situazioni interessanti. Da circa un anno ho deciso di mettere queste immagini insieme continuando a cercare collegamenti tra loro ed a valorizzare le foto per me più importanti.

Il progetto è ancora aperto con l’obiettivo di essere finalizzato entro il 2020.

Luca Rossi - Un flusso di coscienza imperfetto 1.0

BIOGRAFIA

 

Ho iniziato a fotografare da bambino in analogico sotto la guida della carissima cugina Albertina Rossi che faceva parte del Circolo Fotografico Vicentino. Fino da allora ammiravo e seguivo fotografi come Attilio Pavin, Mario Lasalandra, Placido Barbieri.
Durante l’adolescenza ho abbandonato completamente la pratica, ma mantenuto vivo l’interesse per la fotografia che ho poi ripreso con l’evento del digitale.
L’amore per la fotografia di strada e la continua ricerca mi hanno portato negli anni a dedicare molto tempo a gruppi di studio e workshop per confrontarmi con l’eccellenza degli autori contemporanei che mi hanno influenzano e mi ispirano come Umberto Verdoliva, Riccardo Bononi (Istituto di Ricerca e Formazione nelle Scienze Sociali IRFOSS), Ferdinando Fasolo e Giampaolo Romagnosi Gruppo Mignon).

Non credo ci sia un punto di arrivo in fotografia ma penso ci sia solo il cammino che ne è esso stesso l’essenza.


 

UN FLUSSO DI COSCIENZA QUASI IMPERFETTO 1.0

 

La tecnica narrativa “flusso di coscienza” consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. Non ho trovato una definizione che si adatta di più al mio modo di fotografare.

Un flusso di coscienza imperfetto 1.0 è un progetto emerso dalla continua analisi del mio archivio ed ha come filo conduttore quella strana sensazione di essere osservati che quando diventa pesante si trasforma in Scopofobia (paura morbosa di essere osservati e attirare l’attenzione altrui).  

Giorgio Galimberti - Torre Isozaki

BIOGRAFIA

Giorgio Galimberti nasce a Como il 20 marzo 1980.

Da sempre appassionato di fotografia, complice anche un clima familiare aperto all’arte e alla creativitá, fin da piccolo comincia ad avvicinarsi al mezzo fotografico attraverso le Polaroid.
Con i primi tentativi di manipolazione e alterazione dell’immagine, Giorgio esplora approfonditamente la dimensione giocosa del supporto istantaneo.

Durante l’adolescenza, la passione non viene mai meno e, attraverso la frequentazione di
numerose mostre ed esposizioni, unitamente ad un’intensa attività pratica in camera oscura, si costruisce un personalissimo background fotografico, basato principalmente sulle tecniche di sperimentazione dei grandi maestri che hanno fatto la storia della fotografia.
Dopo un periodo di momentaneo distacco, durato qualche anno, si riavvicina al mondo della fotografia digitale senza mai abbandonare del tutto la fotografia analogica.
Attraverso la sperimentazione del bianco e nero perfeziona i suoi gusti e, memore della lezione dei grandi maestri della fotografia, si avvicina ad una visione del mondo incentrata prevalentemente sugli effetti della luce sui corpi e sui paesaggi urbani. In questo modo l’autore  riprende alcuni elementi tipici della street photography,  rielaborandoli in funzione di un linguaggio fotografico moderno e narrativo,  che unisce agli scorci di vita quotidiana le visioni sospese dell’architettura urbana con uno stile fortemente personale e riconoscibile. Numerose le sue partecipazioni a mostre personali e collaborazioni con importanti gallerie d’ arte Italiane e Internazionali che gli hanno permesso di entrare nella fotografia autoriale.
Si dedica alla didattica trasmettendo durante i suoi work shop e seminari il suo punto di vista sulla fotografia d’autore.

 

 

TORRE ISOZAKI

Il bianco bruciato e il nero assoluto si uniscono narrando le architetture cubiste di questo edificio Milanese, persone trasformate in silhouette diventano attori inconsapevoli, trasformati in personaggi surrealisti, immagini smaterializzate, paesaggi a volte quasi lunari...

Geometrie, luci, riflessi, bianchi e neri assoluti ne descrivono gli ambienti, alterandone a volte il contenuto stesso, mantenendo comunque la sincerità del mio modo di vedere e di raccontare   ...

Un Mondrian in bianco e nero, volumi e strutture che fanno pensare a De Chirico, inquadrature ispirate alla Città' che sale di Umberto Boccioni.

Una Milano diversa, un luogo metafisico, un luogo che porterò sempre nei miei ricordi più belli ...

Un luogo che anche solo per poco o forse per sempre è stato mio, nel mio sguardo, nel mio immaginario, nelle mie emozioni...

La mia G9 ha scandito gli spazi, il tempo...Insieme abbiamo fatto nostro questo capolavoro della "Nuova Milano", della "Milano che sale"...

Salvatore Matarazzo - Darwin is street

BIOGRAFIA

 

Salvatore Matarazzo (Viareggio, 1980) è un fotografo di strada contemporaneo, la sua ricerca è caratterizzata da ritratti molto espressivi che simboleggiano le manie e le ossessioni del nostro tempo.

Dopo aver studiato fotografia ha iniziato a lavorare come fotoreporter per il quotidiano Il Tirreno e per alcune agenzie di settore, pubblicando le sue foto nelle maggiori testate giornalistiche nazionali.

Interessato alla vita di strada e agli spazi pubblici, nella sua fotografia Salvatore usa il flash in modo istintivo e non convenzionale, va molto vicino alle persone e le fotografa senza avvisarle, cogliendo con un po’ di ironia espressioni e momenti unici e irripetibili. La fotografia di strada ha giocato un ruolo fondamentale nella produzione di Salvatore: inizialmente come modo per documentare notizie, reportage ed eventi; poi, nel 2012, ha scelto di lasciare il fotogiornalismo per dedicarsi ad una forma di espressione priva da qualsiasi condizionamento.

Il suo nuovo punto di vista lo ha portato a varie pubblicazioni nelle migliori riviste fotografiche, tra queste, International Street Photography, Photo Magazine, Street Photography Magazine e  The Huffigton Post.

Nel 2013 Salvatore diventa parte del collettivo internazionale Elephant Gun.

Dopo diverse esposizioni personali e collettive, nel 2014 pubblica il suo primo libro, Carnival, dedicato a Viareggio, la sua città natale.

Nello stesso anno è selezionato tra i finalisti del Miami Street Photography Festival, obiettivo che ha ripetuto nel 2015. Nel 2016 il suo progetto Darwin is "Street vince il terzo premio nel concorso internazionale TIFA categoria PRO.  Nello stesso anno il Darwin viene esposto durante il Pasa Futura Festival in Sud Corea a Suwon.

Nel 2017 entra a far parte del collettivo internazionale di Street Photography, Full Frontal Flash.

Site: https://www.salvatorematarazzo.com/

Flickr: https://www.flickr.com/photos/95787103@N07/

Instagram: https://www.instagram.com/matarazzophoto/?hl=it

Facebook: https://www.facebook.com/salvatore.matarazzo.5?ref=bookmarks

 

 

DARWIN IS “STREET”

 

Darwin diceva che l'uomo nella sua arroganza crede di essere un'opera divina, mentre lui più umilmente pensava che fosse più giusto considerarlo discendente degli animali.

Ho girato negli zoo e in alcune fiere nei paesi della toscana, fotografando animali e persone, cercando di far emergere in questi dittici fotografici un certo dualismo fra le due specie. Ho cercato di essere imparziale nelle mie scelte, sfruttando la mia tecnica fotografica là dove l'istinto mi consigliava di usarla, senza mai forzare troppo l'idea e lasciando che i concetti uscissero fuori man mano mi avvicinavo alla fine del mio lavoro.

Questo progetto fotografico non ha la pretesa di ergersi a prova scientifica o di altro tipo, ho solo esposto fatti oggettivi. Penso che le somiglianze in queste foto emergano, anzi forse si intravede qualcosa di veramente antropologico, ma non sarò io a forzare o veicolare l'osservatore. Ognuno deve essere libero di vederci quello che vuole.

Voglio però esprimere un pensiero che sentivo giá prima del progetto e di cui ho avuto conferma durante il mio lavoro: credo che gli animali abbiano una coscienza, magari selvaggia e tribale ma che li rende perfettamente consapevoli di se stessi e del loro ruolo essenziale.

Noi umani, invece, troppo spesso ci perdiamo in cose superflue.

Gianluca Morini - Close to routine

BIOGRAFIA

 

Nasce a Como nel 1966, iniziando il suo percorso fotografico da autodidatta all’età di 18 anni.

In contemporanea agli studi universitari, inizia una ricerca fotografica personale e si delineano i primi progetti fotografici e alcune esibizioni nella sua provincia natale, per poi arrivare nel 2018 alla prima esposizione di gruppo presso il Centro Culturale Candiani in concomitanza alla mostra di Yuri Catania No Fashion Places of America, dove è vincitore ex equo insieme a Riccardo Bertoia nel contesto del concorso Insegne Parole e immagini d’Italia.

Nel 2019 è uno dei finalisti del prestigioso premio Nocivelli per artisti emergenti.

È apparso in varie pubblicazioni, sia nazionali che internazionali.

La sua ricerca attuale è particolarmente dedicata all’osservazione del territorio e dei suoi spazi urbani e al complicato rapporto personale con esso, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, paese in cui è cresciuto e il Brasile, paese natale dei suoi genitori.

 

CLOSE TO ROUTINE

 

Close to routine è un lavoro di street photography che si ispira ai precedenti lavori di Bruce Gilden, Maik Cohen e Charlie Kirk, utilizzando il flash e obiettivi grandangolari tipicamente paesaggistici, rivisitandone lo stile e adattandolo allo specifico contesto culturale.

Il lavoro nasce dalla necessità di creare un contatto, di comunicare con perfetti estranei di quello che è il contesto della provincia italiana, per poi spingersi anche al di fuori dei confini nazionali.

Egli va alla ricerca del grottesco, del comune, dell’ambiguo e del contrastante, andando a creare un rapporto di empatia con perfetti sconosciuti attraverso l’utilizzo di uno stile di fotografia ravvicinato e anticonformista.

L’autore riesce così a catturare quelle situazioni che fanno trasparire la commedia e il dramma del vivere, e i personaggi che ci passano accanto ogni giorno diventano protagonisti e non sono più semplici sconosciuti...

Stefano Lista - On board

BIOGRAFIA

 

Sono nato nel 1974 e ho studiato Economia. All’età di 36 anni ho deciso di lasciare il mio lavoro per dedicarmi completamente alla fotografia. Ho iniziato a studiarla a partire dalla sua storia, dal suo linguaggio e dai suoi più grandi autori. Oggi sono un fotografo documentario e un formatore.
Sono interessato particolarmente a due temi:
1) la fotografia umanistica che ritrae l’uomo nel momento in cui abbassa la guardia e si spoglia, con o senza consapevolezza, dell’immagine di se che vorrebbe proporre agli altri;
2) l’indagine sul concetto di “reclusione” fisica e spirituale cui l’uomo è sottoposto o si sottopone per scelta.
Le mie fotografie sono state esposte a Tokyo, Bruxelles, San Francisco, Parigi, Roma, Londra, Barcellona, Amburgo, Trieste.
Insieme a mia moglie Adele realizzo servizi di reportage di matrimonio proponendo una visione documentaria e innovativa della fotografia di cerimonia. Inoltre sono direttore di Meshroom, una delle più grandi scuole di fotografia del Centro Italia.
Alcuni miei lavori sono distribuiti per scopi editoriali dall’Agenzia Parallelozero.

Sono testimonial del brand Album Epoca.

 

 

ON BOARD

 

I “nonluoghi”, secondo l’antropologo francese Marc Augé, sono quegli spazi che negano l’identità, le relazioni e la storia. Spazi spesso costruiti su misura per rassicurare i loro fruitori attraverso la riproposizione di format conosciuti e spingerli al desiderio frenetico di consumare.

La crociera è il nonluogo per eccellenza quando si parla di RELAZIONI. Sulla nave nulla è lasciato al caso: tutto al suo interno, dalla fruizione degli spazi alla gestione dei tempi, è calcolato con precisione.Tutto risponde a criteri di efficienza tecnologica allo stato dell’arte. Il risultato è una spersonalizzazione delle relazioni che riduce il crocierista ad attore di un copione già scritto da altri.


La crociera è il nonluogo per eccellenza quando riduce la STORIA e le CULTURE alla stregua di “curiosità” o “oggetti interessanti”. A bordo è possibile trovare bar e ristoranti che richiamano differenti stili, culture o epoche storiche. Ma la storia a bordo è fatta di plastica invece che di pietra, di recitazione invece che di esperienza.

La crociera è il nonluogo per eccellenza quando nega L’IDENTITÀ. Il saggista Stefan Zweig ha scritto “Una volta l’uomo aveva un’anima e un corpo, oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene trattato da essere umano”. Ciò che identifica il passeggero è la sua “card” con la quale potrà entrare, uscire e consumare. L’utente/passeggero/cliente non ha bisogno di farsi conoscere e di farsi accettare dalla comunità a bordo. Non è richiesto alcuno sforzo di integrazione e di conoscenza reciproca. È sufficiente che sia identificato come utente solvibile. Attenderà il proprio turno, seguirà le istruzioni, fruirà del prodotto per un periodo transitorio. E alla fine pagherà.

I crocieristi sono vacanzieri abituali, con i loro ritmi, i loro riti e i loro miti.
Sono rassicurati continuamente dalla possibilità di individuare a bordo tutto ciò che la televisione o il web propongono come modello di vita.

Ma quando tra i ruoli di attori della “grande commedia” si intravedono fessure di umanità,  ci si accorge che lo sforzo entusiastico di divertirsi spesso lascia spazio ad una realtà fatta di noia, disorientamento e solitudine.

Matteo Sigolo - Imbarcadero 360

BIOGRAFIA

 

Matteo Sigolo è nato nel 1986. Vive e lavora a Venezia.

Fin dai primi anni dell’università mostra una profonda passione per la fotografia, che presto diventa una parte importante della sua vita.

Seguendo il suo grande amore per la natura, sperimenta inizialmente la fotografia di   paesaggio. Un paio di anni dopo, un lungo viaggio in Cina gli dà la possibilità di conoscere un ambiente completamente diverso da quello Europeo, pieno di personaggi e situazioni interessanti, e gli esseri umani diventano il nuovo soggetto della sua ricerca artistica. Da quel momento in poi inizia ad avvicinarsi al fotogiornalismo e alla street photography. Le espressioni, i gesti e la fervida e vivace vita della strada e dei suoi abitanti diventano quindi i suoi maggiori soggetti di interesse.

Esplorando più a fondo Venezia, inizia una nuova ricerca e fotografa posti conosciuti e famosi evitando cliché e stereotipi, per cercare nuovi e inusuali dettagli e situazioni.

 

www.matteosigolo.com

 

 

IMBARCADERO360

 

L’imbarcadero veneziano è un luogo di transizione.

Galleggia sull’acqua, ma è ancorato a terra; è uno spazio coperto, ma ha finestre che si aprono a trecentosessanta gradi.

È un luogo d’attesa particolare, in cui le vite di ognuno si fermano per pochi minuti, in questo panorama di sagome, riflessi e sovrapposizioni. Tutto è cullato dal dondolio delle onde e i rumori della vita vengono attutiti da quello dell’acqua.

In queste transizioni nuove, così diverse da ciò che avevo vissuto prima di trasferirmi a Venezia, mi sono ritrovato ad osservare e ad ascoltare, ritrovandomi nell’attesa altrui, isolando me stesso e gli altri in grandi cornici di panorama.

Gli imbarcaderi più affollati, quelli delle zone più turistiche, non offrono quasi mai queste opportunità.

È in quelli meno frequentati che il ritmo paziente dell’atmosfera veneziana si delinea con più precisione, quelli in cui stai in piedi al centro di un ambiente così ristretto e l’illusione di uno spazio molto più vasto si muove silenziosamente tutto attorno, quelli in cui ognuno, da solo, aspetta con gli altri.

Camilla Ferrari - Acquarium

BIOGRAFIA

 

Camilla Ferrari (1992) è una multimedia visual storyteller di base a Milano, la sua città natale.

Il suo interesse si concentra sulla relazione tra l’essere umano, ciò che lo circonda e sulle storie che quotidianamente lo segnano, esplorando questa relazione con uno sguardo delicato.

Parte della sua ricerca riguarda il modo in cui i social media hanno il potere di arricchire il visual storytelling, attraverso la commistione di brevi video e fotografie, immagini ferme e in movimento. Per estendere il senso di gentilezza che traspare dalle sue immagini, Camilla esprime le sue osservazioni anche attraverso le Instagram Stories, una parte attiva del suo processo creativo.

Camilla è stata recentemente nominata da Artsy come una delle 20 Rising Female Photojournalists, è stata tra i nominati per la Joop Swart Masterclass 2019 e selezionata tra i 2019 PDN’s 30: New and Emerging Photographers to Watch, per la Nikon-NOOR Academy a Torino e per l’Eddie Adams Workshop XXXI, uno dei più importanti workshop internazionali di fotogiornalismo.

Ha lavorato con clienti che spaziano dal mondo editoriale al mondo commerciale, tra cui: Apple, National Geographic, Elle Decor Italia, InsideOver Magazine, The Culture Trip, DxO,

blink.la.

 

camilla@camillaferrari.it

www.camillaferrari.com

ig: @camillaferrariphoto

 

ACQUARIUM

Aquarium è un'esplorazione delle conseguenze di un attacco di panico, che si è svolto a Pechino nell'agosto 2017.
Il progetto è una ricerca visiva su come ho vissuto una nuova città che mi stava rifiutando e che stavo inconsciamente rifiutando allo stesso tempo.
Sono atterrato a Pechino il 23 agosto 2017.
Quando ho mosso i miei primi passi nella Città Proibita, tutto quello che ho potuto vedere era un'immagine sfocata di qualcosa che mi sono ricordato guardando fotografie, libri e online. Per la prima volta, nonostante sia un viaggiatore esperto, ho dovuto affrontare un grave attacco di panico.
All'inizio, il rumore delle mani che muovevano le tende del bagno delle donne era così forte da essere fastidioso.
E altrettanto fastidioso era il rumore proveniente dai karaoke bar durante la notte e le chiacchiere della gente che camminava sul marciapiede.
A volte osservi e altre volte ti osservano. È quasi come vedere attraverso un bicchiere che distorce ciò che i tuoi occhi vedono, che fa tremare la luce davanti a te secondo dopo secondo e ti inserisce in un mondo completamente diverso.
E improvvisamente sei dall'altra parte di quel bicchiere. Non puoi sentire quello che dicono gli altri, ma puoi sentire la dolce coccola dell'acqua che ti circonda.
E poi, prima che me ne rendessi conto, quel rumore di mani che muovevano le tende del bagno divenne un ninna nanna.
Il rumore dei karaoke bar si trasformò in musica e le chiacchiere in ritmo. Tutto diventò gentile, anche l'ignoto.
Aquarium è il risultato di un tranquillo abbandono alla diversità.

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